“THE ONE WHO DOES NOT REMEMBER HISTORY IS BOUND TO LIVE THROUGH IT AGAIN” George Santayana…per non dimenticare

 

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Quel cartello agghiacciante

Auschwitz. Forse non è il posto più ameno dove portare in vacanze le mie figlie col camper. Ma io devo vedere. Loro devono vedere. Perché è successo davvero. Quella notte dormimmo dentro il Campo di concentramento dove si trova un area di sosta per Camper. Ricordo ancora quella camminata notturna io Emy, Virgy e Dizzy…tra le luci dei lampioni del campo accese e le zone di buio… il silenzio ci stava soffocando e ricordo tornammo di corsa in camper… quella notte non fu facile per nessuno chidere gli occhi e non pensare a cosa eravamo vicini e a cosa quei muri avevano visto e sentito.

Le foto ricordo che tenevano i deportati con loro… le loro famiglie i loro cari..la loro vita passata

Il giorno dopo inizio alle 8,30  per primi la visita in solitaria… (la ressa sarebbe arrivata piu tardi con i pulman e questo per noi fu un grosso vantaggio) ci sembrava di entrare nel set di un film..chi non ha visto “Schindler list”?  (che per altro avevamo visitato due giorni prima a Cracovia) Tremo, le gambe si sono arrestate.

Fisso il cartello apposto sulla cancellata all’ingresso “ARBEIT MACHT FREI”. Ho quasi paura a varcare la soglia che ci porterà verso l’orrore più grande compiuto dall’umanita.

I blocchi silenzioni che ci raccontano

L’immpiccagione

Abbiamo letto tanti libri, visto numerosi film con le lacrime agli occhi. E con questo viaggio il verosimile si è fatto realtà. Una terribile realtà. Non so se mi sentivo pronto, e soprattutto se le ragazze sarebbero state in grado di attutire il colpo: non si è mai abbastanza preparati al male.

Il Muro

Gli Uffici

I lunghi corridoi

Le prigioni da dove raramente si usciva

Sembra assurdo, ma anche il cielo plumbeo accompagna i nostri sentimenti. Una pioggia sottile e pungente aumenta il fastidio provocato dalle immagini di ciò che resta dell’abominio compiuto dalla parte peggiore e più oscura dell’animo umano.

 

Tutto sembra essersi congelato nel tempo: il dolore, le urla, i pianti di un milione e mezzo di donne, uomini e bambini. Mi sembra di sentirli.

 

Le valige della speranza di andare in un posto senza sapere che da li non sarebbero piu state usate

Nei vari block sono raccolte le testimonianze degli orrori nazisti: il campo-museo, destinato al memoriale dello sterminio, con le sue macabre testimonianze, ci raggela.

Il cielo è costellato dagli scheletri dei camini da cui uscivano le anime di innocenti.

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Le Camere a Gas

 

Tutto è paralizzato. Il filo spinato che divideva le donne dagli uomini. Famiglie separate da quel filo e accumunate dalla morte.

È rimasto tutto intatto. Le macerie rilasciano ancora le grida di paura e di dolore.

E’ successo e può succedere ancora” ha scritto Primo Levi, un uomo prima che uno scrittore, che mai superò il dolore ed il peso di Auschwitz.

Tutti dovrebbero venire un giorno ad Auschwitz. E ascoltare questo silenzio ululante.

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C’è un paio di scarpette
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
‘Schulze Monaco’.
C’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buckenwald
erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’ eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono.
C’è un paio di scarpette rosse
a Buckenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.
Joyce Lussu

 

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scrivo questo articolo per EMY e VIRGY “PER NON DIMENTICARE MAI”… quello che noi abbiamo visto con i nostri occhi

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